Su uno splendido altipiano di circa due chilometri di lunghezza, tutto fiancheggiato da maestose montagne, sorgeva Agàro (Agher in tedesco, Aghèer in dialetto locale) a 1561 metri di altitudine.
Casupole annerite di legno, secondo lo stile svizzero, ne costituivano l'abitato che era l'ambito dalle acque del Rio d'Agàro; vi abitavano, intorno al 1927, poco più di cento persone e solo nella bella stagione che va da maggio a tutto ottobre. Per il servizio postale, telegrafico, telefonico e per quello sanitario facevano capo molto più a valle: a Baceno.

Notizie storiche – La popolazione di Agàro era di origine Vallesana e parlava un gergo tedesco.
Dal punto di vista storico si sa che nel 1210 il territorio di Agàro fu incorporato al feudo di Guido I De Rodis – Baceno, che con i figli Pietro, Guido, Omodeo e Giovanni, dominava anche sulle terre di Foppiano, Salecchio, Avesone e Cologno, con beni che si estendevano a gran parte della Valle Formazza. A capo di questo feudo stava un Vicario, membro della famiglia dei De Rodis, che esercitava un potere assoluto in materia civile e giudiziaria.
Facevano parte del comune di Agàro anche Avesone, Cologno e Costa.
Nei tempi più vicini a noi il piccolo borgo era sotto la giurisdizione del comune di Baceno, ma aveva una propria scuola di tre classi, aperta da Giugno a Novembre, che ebbe fra gli ultimi insegnanti la maestra Maioglio (figura assai caratteristica, ancor vivida forse nella memoria di qualche anziano) che successivamente insegnò a Croveo.
Né mancava l'assistenza religiosa che, nell'oratorio di San Giovanni Battista, fu negli ultimi anni cura e privilegio del Rev. Don Giulio Tinivella.

Disegno di Ernesto (Nini) Jussi

Tristi vicende di Agàro attraverso i secoli – Per ben cinque volte, secondo le notizie storiche pervenuteci, l'abitato di Agàro fu distrutto dalle valanghe. Degna di particolare menzione è la valanga che, trascinando a valle grossi macigni, lo investì nel giorno di San Silvestro dell'anno 1650, seppellendo l'intera frazione. Per fortuna non si ebbero vittime umane in quanto, data la stagione, la maggior parte della popolazione si era trasferita nelle località più basse sulla cresta meridionale del monte.

Si racconta però che una mucca, un maiale ed una pecora, presagito il pericolo incombente, abbandonassero la loro stalla e, arrancando fra la spessa coltre di neve, fuggissero terrorizzate verso sud, gettando l'allarme fra i pochi pastori rimasti in paese, che così poterono mettersi in salvo.
Per riconoscenza a Dio dello scampato pericolo, gli Agaresi fecero voto di celebrare ogni anno la solennità di San Silvestro.
Il villaggio venne poi ricostruito un po' più a valle, ma il 24 Febbraio del 1888 un'altra valanga, staccatasi dal Pizzo Nava, sorprese gli abitanti, facendo tre vittime e distruggendo parecchie abitazioni. In quell'occasione anche l'Oratorio fu seriamente danneggiato.
A poco meno di cinquant'anni da questo episodio, ciò che non fecero, attraverso i secoli, le forze della natura, riuscì a farlo l'uomo in nome del progr

esso e della pubblica utilità.
Colla costruzione della diga, Agàro fu definitivamente cancellato dalla carta geografica, precludendogli ogni possibilità di risorgere.
Chi oggi nel periodo di magra del bacino si trovasse in quella località, potrebbe vedere spuntare dalle acque la aguzza cima del campanile, privo della campana che col suo rintocco continua a vivere, a Devero, nella Chiesetta di Sant'Apollonia.

 

(Lo scritto e i disegni sono tratti da "UL BAITIN", periodico del PEDEMUNT CLUB, n° 5 dell'Aprile 1968) 

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